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Conte da Vespa: zona rossa se arriva terza ondata

Le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso dell’intervista rilasciata nella trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa.

Le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso dell’intervista rilasciata nella trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa.

Ospite a Porta a Porta da Bruno Vespa, il premier Giuseppe Conte ha risposto ad una serie di domande sulla pandemia in corso, toccando diversi punti fondamentali.

Zona rossa a gennaio?

Innanzitutto si è parlato della probabile terza ondata di Covid a gennaio: “Se gli esperti ci dicono che la probabilità di una terza ondata a gennaio è concreta, non ci penso due volte a introdurre e rafforzare la rete di protezione per il periodo natalizio. Lasciando correre impatteremo su una impennata”, ha detto Conte.

“Con le misure rafforzate per Natale – ha proseguito – dovremmo poter affrontare gennaio dosando cum grano salis le misure solo dove necessario tra zona gialla, arancione e rossa”.

“Se dovesse arrivare un’impennata, una terza ondata o una variante che faccia sbalzare l’RT, allora ci troveremmo facilmente in zona rossa o con misure più restrittive”, ha aggiunto. “Ma – ha tranquillizzato – in una situazione come quella attuale forse dovremmo affrontare gennaio-febbraio con una certa tranquillità in attesa di realizzare il piano vaccinale “.

Poi, sull’aumento repentino dei contagi nella Regione Veneto, il presidente del Consiglio ha commentato: “Ora spunta una variante inglese che corre molto più veloce, di uno 0.70 in più e spiegherebbe molte cose. Non voglio avanzare ipotesi, in Veneto i dati stanno crescendo, dobbiamo capire come e perché”.

Alla domanda di Vespa: “Mai pensato di non farcela nell’emergenza coronavirus?”, il premier ha replicato: “Di non farcela no, però ci sono stati momenti molto difficili soprattutto all’inizio”. “E’ stato difficile prendere le prime decisioni, le zone rosse, il lockdown”, ha proseguito. “Quando abbiamo cominciato a vedere i decessi per me è stato un momento particolarmente sofferto”, ha aggiunto.

Conte sui vaccini

Per quanto riguarda il piano vaccini il premier si è detto ottimista: “Non c’è ragione di credere che le persone non si sottopongano volontariamente al vaccino”, ha affermato, aggiungendo che non c’è “l’ipotesi in cui non riuscissimo a realizzare il piano secondo previsioni, con 10-15 mln di persone, che inizi a dare un impatto significativo, dovremmo arrivarci ad aprile”. “Se ci fosse un rifiuto di massa sarebbe un problema, un caso scuola”, ha sottolineato.

Sull’obbligo del vaccino per i medici, invece, il presidente ha asserito: “C’e un dibattito tra di noi. Ma aspettiamo, vediamo, sono tutte persone responsabili, sanno che di fronte a una pandemia garantire i pazienti è una priorità per tutti. Se dovessimo andare in difficoltà potremo valutare soluzioni alternative”.

Recovery Plan

Nel corso dell’intervista Conte ha affrontato anche il tema del Recovery Plan.

“La task force, come struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato e prevaricato i ministeri, è stata superata perché non è mai esistita”, ha detto, spiegando che “una struttura di monitoraggio ce la chiede l’Europa”. “E’ previsto – ha aggiunto – che ci sia un interlocutore con l’Europa, ci sarà uno scambio di informazioni costante per aggiornare l’Europa ma serve anche a noi per lo stato di avanzamento delle varie opere”.

“Avremo migliaia e migliaia di cantieri – ha proseguito – pensare che non ci sia una struttura di monitoraggio che dialoga con le strutture, che monitori e coordini tutto questo, è impensabile”.

“L’Europa vuole un soggetto responsabile, io non voglio, per questo abbiamo previsto i ministri di spesa responsabili”, ha chiarito.

Sulla questione dei manager il presidente del Consiglio ha poi aggiunto: “Se ci sono proposte migliorative ci si siede attorno a un tavolo nell’interesse del Paese e per la massima funzionalità. Ma una cosa deve essere chiara a tutti, abbiamo una capacità amministrativa di spendere risorse pubbliche molto modesta, tanti fondi li perdiamo, non riusciamo a investirli”.

“Se non riusciremo, questo governo deve andare a casa con ignominia”, ha detto ancora parlando del Recovery plan. ” Non possiamo permetterci di ritardare. Per questo ho invitato le delegazioni ad affrettare l’esame della documentazione e chiesto di ritrovarci tra Santo Stefano e Capodanno per andare avanti ed avviare poi il confronto con le parti sociali. Non dobbiamo indugiare oltre”, ha spiegato.

Interrogato sul Mes, il premier ha poi risposto: “I 36 miliardi porterebbero deficit se li intendiamo come spese aggiuntive, lasceremo un fardello non da poco. Possiamo fare tutti i discorsi, ma teniamo conto del quadro complessivo di finanza pubblica, non possiamo lasciare una situazione fuori controllo”.

Scuola

Per quanto riguarda il nodo scuola, il premier ha assicurato che la riapertura delle scuole non andrà oltre il 7 gennaio e sarà differenziata scuola per scuola e paese per paese, al fine di intercettare le diverse situazioni d’emergenza e scongiurare criticità.

“Con le prefetture a livello provinciale c’è un tavolo dei ministri da giorni per coordinarsi e trovare soluzioni flessibili”, ha affermato. “Ho raccomandato – ha aggiunto – perché ci sia un’apertura differenziata scuola per scuola, paese per paese. Nel segno della flessibilità: è l’unica possibilità che abbiamo per evitare criticità che si concentrano anche sui trasporti”.

“Dobbiamo ripartire, ripristinare la didattica in presenza almeno al 50% per le scuole secondarie superiori con il massimo di flessibilità”, ha concluso il presidente.

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