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Covid-19 e vitamina D: scoperta possibile relazione

Uno studio, pubblicato sulla rivista “Clinical Nutrition” ha rilevato un legame tra Covid-19 e la carenza di Vitamina D. Nell’articolo tutti i dettagli.

Uno studio, pubblicato sulla rivista Clinical Nutrition ha rilevato un legame tra Covid-19 e la carenza di Vitamina D. Nell’articolo tutti i dettagli.

È stato da poco ultimato uno studio condotto dai medici e ricercatori del Policlinico San Matteo di Pavia, in cui viene messa in relazione la carenza di vitamina D con la gravità dei sintomi da Covid-19. La giusta presenza di vitamina D serve, tra l’altro, al corretto funzionamento del sistema immunitario, ma vediamo nel dettaglio l’esito della ricerca.

Lo studio

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Clinical Nutrition”, è stato condotto su un campione 129 pazienti gravemente affetti da Covid-19 nei mesi tra marzo e aprile scorso, di cui 34 purtroppo deceduti. Le analisi e le osservazioni cliniche hanno fatto emergere un dato interessante, ovvero una prevalente carenza di vitamina D nei casi più gravi, anche se il dato non è necessariamente correlato agli esiti finali. Lo studio è stato approvato dal Comitato etico, e ha rilevato, nel momento in cui i pazienti sono stati ricoverati tre fattori essenziali: la prevalenza della carenza di vitamina D che, al di là del Covid presenta numerosi benefici per la nostra salute; l’associazione tra lo stato della vitamina e gli esiti clinici (come polmonite grave, ricovero in unità di terapia intensiva e mortalità intraospedaliera) e marcatori biochimici di gravità della malattia (come, ad esempio, conta dei linfociti, proteina C-reattiva).

La dichiarazione

Riccardo Caccialanza, direttore Unità operativa complessa di nutrizione clinica del San Matteo, in merito allo studio ha dichiarato che: «i livelli sierici di vitamina D sono stati valutati a 48 ore dal ricovero ospedaliero e il 54,3% ne era gravemente carente. Tuttavia, se l’adeguatezza della vitamina D possa prevenire l’infezione da Covid-19 o influenzare gli esiti clinici deve essere ancora valutato rispettivamente da studi di popolazione e studi di intervento dimensionati e progettati, che potrebbero essere molto rilevanti considerato l’andamento della pandemia a livello globale”.

I firmatari dello studio

Il lavoro è stato firmato e presentato da un numero folto di ricercatori italiani, tra questi il già citato  Riccardo Caccialanza e i suoi collaboratori: Emanuele Cereda, Federica Lobascio, Sara Masi Silvia Crotti; Carlomaurizio Montecucco, direttore Uoc reumatologia, insieme ai suoi collaboratori Laura Bogliolo e Ludovico De Stefano; Raffaele Bruno direttore Uoc malattie infettive; Stefano Perlini direttore Uoc pronto soccorso; Angelo Guido Corsico direttore Pneumologia; Antonio Di Sabatino, direttore medicina interna.

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FONTE IMMAGINE: https://pixabay.com/it/photos/covid-19-test-analisi-laboratorio-5752221/

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