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Dieta Fodmap: combattere il colon irritabile a tavola 

Per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile, può essere utile, per contrastarne i sintomi, seguire, dietro consiglio di uno specialista, la dieta Fodmap. Vediamo insieme di cosa si tratta.

Per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile, può essere utile, per contrastarne i sintomi, seguire, dietro consiglio di uno specialista, la dieta Fodmap. Vediamo insieme di cosa si tratta.

Milioni di persone soffrono della cosiddetta sindrome dell’intestino irritabile (IBS), conosciuta anche come sindrome del colon irritabile, che comporta sintomi quali pancia gonfia, meteorismo, fastidio o dolore addominale, stipsi o diarrea, debolezza. Nel mare magnum delle diete, ne esiste una pensata proprio per chi soffre di questi fastidi, che risponde al nome di dieta Fodmap. Essa è stata ideata e studiata alla Monash University in Australia e si è dimostrata efficace nell’alleviare i disturbi della sindrome del colon irritabile nel 75% dei casi.

Si tratta di un regime alimentare povero di sostanze che fermentano che può portare importanti benefici.

Andiamo a vedere nel dettaglio di cosa stiamo parlando.

Cosa significa Fodmap?

Fodmap è un acronimo inglese con il quale in sostanza si indicano i cibi che fermentano, ovvero alimenti ricchi di zuccheri che hanno proprietà osmotica, vale a dire che una volta digeriti, restano nell’intestino richiamando acqua. La loro sovra-fermentazione dà origine ai disturbi su citati.

La F sta per “Fermentable”, ossia fermentabile, e fa riferimento al processo di trasformazione degli alimenti che avviene anche nel nostro intestino, provocando fastidi quali gonfiore, flatulenza, a volte dolore e addome teso.

La O invece sta per “oligo-saccharides”, ovvero oligosaccaridi, che comprendono i fruttani (catene di alcune unità di fruttosio, lo zucchero presente nella frutta, che non sono digeribili per gli esseri umani) e i galattoligosaccaridi (GOS). Gli oligosaccaridi non vengono ben assorbiti nell’intestino e per questo finiscono al 99% nel colon, dove i batteri li frammentano, causando fermentazione. I fruttani si trovano soprattutto negli asparagi, nell’erba cipollina e nella cipolla, nell’aglio, nel cavolo cappuccio e nella cicoria. I GOS invece sono contenuti nella buccia delle leguminose, soprattutto nei fagioli, ceci, lenticchie, fave.

D come “disaccharides”, disaccaridi, ad esempio il lattosio. Chi soffre di sindrome del colon irritabile ha spesso carenza di lattasi, un enzima fondamentale per digerire il lattosio. Bisogna pertanto limitare il consumo di latte e latticini.

M di “mono-saccharides”, monosaccaridi. Alcune persone hanno difficoltà ad assorbire il fruttosio; generalmente dopo aver mangiato la frutta fresca avvertono un senso di gonfiore.

Dunque, non bisogna eccedere con la quantità di frutta giornaliera (2/3 porzioni da 150 gr da suddividere nell’arco della giornata). E’ preferibile consumare frutti quali gli agrumi, l’ananas, il pompelmo, al posto di mela, pera, mango e banana verde, che fermentano molto di più.

Infine la A e la P stanno per “and Polyols”, ovvero “e i polioli”. I polioli sono zuccheri inassorbibili e molto difficili da digerire (sorbitolo, mannitolo, xilitolo, maltitolo). Vengono di solito utilizzati nell’industria alimentare per sostituire parte dello zucchero, in quanto hanno un potere dolcificante superiore al 100% a quello dello zucchero e sono a basso contenuto calorico. Se assunti in quantità elevate causano gonfiore, gas e dolore addominale tipico della sindrome dell’intestino irritabile.

Le fasi della dieta Fodmap

Eliminare per almeno 21 giorni i cibi Fodmap contribuisce a migliorare i sintomi. In genere, però, per vedere risultati concreti, bisogna seguire questa dieta per almeno 6-8 settimane. La dieta Fodmap si divide in due fasi. Nella prima fase vanno completamente eliminati i cibi Fodmap; nella seconda essi vengono reintrodotti pian piano. L’ideale è reintegrare un cibo alla volta, che contenga solo uno dei cinque zuccheri a catena corta su elencati, e aspettare 4-5 giorni prima di introdurre un nuovo alimento. Così facendo, si può capire anche se tra di essi ce n’è uno in particolare che provoca i disturbi di cui sopra. Inoltre, in questo modo, l’intestino si “riposa” e torna a metabolizzare correttamente tutti i cibi.

Ovviamente non siamo tutti uguali, quindi, il regime alimentare va stilato su misura per la persona, valutando lo stato di salute caso per caso, i gusti e le preferenze personali.

Dopo aver consultato uno specialista e aver escluso la presenza di patologie più importanti, chi soffre dei disturbi di cui abbiamo parlato, può iniziare a seguire questo tipo di regime alimentare per un paio di mesi.

Dopo appena una settimana dall’inizio della dieta, solitamente, si avvertono già i primi benefici.

Cosa mangiare?

Esistono una serie di alimenti che andrebbero evitati, in quanto fermentabili. Tra essi alcuni tipi di frutta (fresca e secca) e verdure: mango, anguria, susine, pesche, mele, pere, nashi (o pera-mela), pistacchi e anacardi, asparagi, cipolla, aglio, porri, barbabietola, cavolo verza, mais dolce, sedano.

Da limitare o eliminare, a seconda dei casi, il latte e suoi derivati, quindi yogurt, formaggi a pasta molle, crema pasticcera e gelato.

Banditi anche gran parte dei legumi e i cereali quali segale, grano e quindi pane, pasta e biscotti.

Al contrario, sono ammessi: banane, arance, mandarini, uva, melone, mandorle (massimo 10 pezzi), semi di zucca, patate, zucchine, melanzane, peperoni, lattuga, pomodoro, cetrioli, carote, fagiolini.

Sì anche a carne, pesce, tofu e formaggi a pasta dura o prodotti caseari senza lattosio. Consentiti pure riso, quinoa e prodotti senza glutine.

Chiaramente, per combattere attraverso il cibo la sindrome del colon irritabile, è necessario elaborare uno schema alimentare personalizzato, compito che spetta ad un nutrizionista o dietologo.

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fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/verdure-pomodori-carote-mercato-1149006/

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