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Fase 2 e sindrome della capanna: ecco perchè si sviluppa

Molte persone con l’inizio della fase 2 iniziano a soffrire della sindrome della capanna, ovvero l’ansia di tornare alle vecchie abitudini dopo la quarantena.

La sindrome della capanna è un disturbo legato al cambiamento delle abitudini. In particolare molte persone hanno sviluppato l’abitudine della quarantena forzata, adattandosi a questo stile di vita.

Un milioni di italiani alle prese con la sindrome della capanna

Il distanziamento sociale, resosi necessario per contrastare la pandemia da coronavirus con tanto di quarantena forzata all’interno della propria casa, ha innescato problematiche di natura sociale ed economica ma anche di salute. Secondo una valutazione effettuata dalla società italiana di psichiatria, circa un milione di italiani sono alle prese con quella che viene definita la sindrome della capanna.

Con la fase 2 ci si avvicina ad un ritorno di vita quasi normale, il che richiede agli italiani di doversi abituare nuovamente e soprattutto a fare i conti con una situazione di profonda incertezza non solo per quanto concerne le problematiche legate al possibile contagio, ma anche ad altre sfaccettature come ad esempio il lavoro, la condizione economica e tanto altro. Insomma, un numero cospicuo di italiani potrebbe fare i conti con questa tipologia di sindrome che potrebbe indurre l’individuo ad una sorta di auto quarantena in quanto all’interno delle proprie mura domestiche è riuscito a sviluppare una protezione da tutto quello che c’è al di fuori.

Possibili complicazioni che richiedono il supporto di uno specialista

La sindrome della capanna secondo gli esperti del settore, è una condizione abbastanza naturale che si è venuta a creare in ragione del cambiamento di abitudini a cui molti sono stati costretti durante la fase di distanziamento sociale. Ora il problema risiede nel fatto di doversi riabituare ad un vecchio stile di vita e soprattutto a dover fare i conti con diverse incertezze legate non solo alla paura di potersi ammalare di coronavirus, e quindi di contagiare anche le proprie persone care, ma anche e soprattutto in ragione di una situazione di enorme incertezza legata allo stile di vita e anche ad alcuni punti fermi come ad esempio il lavoro.

Notoriamente le persone hanno una certa difficoltà nel modificare le proprie abitudini soprattutto dopo un periodo durante il quale si è creata indubbiamente una certa affinità verso la vita casalinga fatta di tanti comfort e di pochi rischi. Secondo gli esperti, la sindrome della capanna dovrebbe sparire nel giro di tre settimane anche in ragione del fatto che l’uomo sia in buona sostanza un animale sociale per cui preferisce la vita a contatto con altre persone.

Tuttavia, nel caso i sintomi della sindrome dovessero persistere dopo le 3 settimane, allora il problema potrebbe essere piuttosto serio. In particolare, oltre ad alcune difficoltà quotidiane come ad esempio la preoccupazione per il futuro, l’insonnia e la difficoltà nel concentrarsi potrebbero aggiungersi anche altre patologie molto più serie tra cui soprattutto la depressione. Per cui il consiglio è quello di rivolgersi ad uno specialista del settore nel caso tu stia facendo i conti per più di 3 settimane con una difficoltà palese nel ritrovare il precedente equilibrio quotidiano.

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