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Covid-19: quanto si rischia il contagio all’aria aperta

Ecco le norme da seguire durante la Fase 2, quella di convivenza con il Coronavirus, e tutte le informazioni circa il reale rischio di contagio all’aria aperta.

Ecco tutte le norme da seguire durante la Fase 2, quella di convivenza con il Coronavirus, e tutte le informazioni circa il reale rischio di contagio all’aria aperta.

Da lunedì 18 maggio è partita a pieno regime la cosiddetta Fase 2, ossia quella in cui gli italiani sono chiamati alla convivenza con il Coronavirus e regolamentata dal Decreto rilancio. Tutte le attività lavorative sono ripartite adottando però degli appositi protocolli di sicurezza, che prevedono l’utilizzo di dispositivi di protezione personale come, ad esempio, le mascherine e tanti altri accorgimenti come quello incentrato sulla necessità di distanziare i clienti opportunamente.

Insomma, tutte le abitudini degli italiani sono state travolte dall’esigenza di contrastare il contagio da coronavirus. Gli esperti, in queste settimane, hanno dato numerose informazioni sulle misure da adottare come ad esempio quella di lavarsi frequentemente le mani evitando di portarle sul viso durante la frequentazione di luoghi aperti e chiusi. A partire da lunedì, inoltre, c’è un numero maggiore di italiani per strada, che si recano nelle varie attività produttive appena riaperte.

Questa maggiore mobilità potrebbe comportare un ulteriore rischio di contagio anche all’aria aperta. Naturalmente il rischio presente all’aria aperta è notevolmente inferiore al rischio presente in ambienti chiusi. Tuttavia, non è opportuno sottovalutare questo problema per cui è necessario, certamente, utilizzare la mascherina e mantenere il distanziamento almeno di un metro dalle altre persone.

Il reale rischio di contagio all’aria aperta

Le mascherine sono molto utili per contrastare il contagio all’aria aperta, ma anche al chiuso, e la propagazione delle cosiddette goccioline di saliva, che possono essere emesse non solo attraverso dei colpi di tosse oppure degli starnuti, ma anche semplicemente parlando. All’interno di queste goccioline sono presenti milioni di particelle virali che potrebbero potenzialmente infettarti.

Le goccioline più piccole riescono a resistere nell’aria soltanto alcuni secondi, mentre quelle più grandi anche diversi minuti. Tuttavia, il rischio di contagio è abbastanza minimo in quanto l’aria tende a diluire le particelle e, inoltre, le goccioline più piccole presentano delle cariche virali che non dovrebbero comportare il contagio. Bisogna fare massima attenzione soprattutto se c’è vento, in quanto potrebbe trasportare le particelle virali bene oltre il classico metro.

Per quanti fanno sport, anche se c’è una tendenza ad ispirare un quantitativo maggiore di aria, il potenziale pericolo è davvero minimo anche perché durante una corsa, oppure una pedalata in bicicletta, i momenti di contatto con altre persone sono limitati a poche frazioni di secondo. Lo stesso discorso vale per attività che possono essere effettuate in acqua, come ad esempio al mare o in piscina anche perché l’acqua, come succede per l’aria, diluisce particelle virali abbattendo il rischio.

Infine, per quanto riguarda i pranzi e le cene fuori, scegliendo di recarsi in bar o ristoranti che possiedono dei tavolini all’aperto, sicuramente il rischio di contagio sarà inferiore. Anche in questo caso, però, sarà opportuno porre particolare attenzione alle superfici ed assicurarsi che il ristoratore abbia adottato i protocolli di sicurezza previsti dalle autorità competenti.

10 risposte su “Covid-19: quanto si rischia il contagio all’aria aperta”

Al gentile post di Francesca Poluzzi rispondo che non solo sono pienamente d’accordo sull’importanza della memoria storica, ma ne sono orgoglioso, come della cultura e dell’esperienza; ma lo sono ancora di più della vita che comprende tutte queste qualifiche e le supera. Penso che la vita umana vada rispettata, tutelata e difesa ad ogni età e condizione, senza doverne giustificare il valore con le sue componenti, le più diverse. Lo scrittore Stefano Massini si è ribellato in televisione alla sottovalutazione della vita degli anziani, e del valore di arte e cultura in nome dell'”utilità”, mi sono associato al suo appello nell’articolo di cui unisco il link. Al riguardo mi piace chiudere con l’esclamazione che prima di Roberto Benigni è stata di Gabriele d’Annunzio”: “La vita è bella”, e in questo risiede il suo grande valore.http://www.arteculturaoggi.it/2020/05/05/gina-lollobrigida-1-con-stefano-massini-per-lutilita-dellarte-le-sue-sculture/ (www.arteculturaoggi.it, 5 maggio 2020).

Penso che ormai si debba pensare al Covid come ad una malattia che si potrebbe contrarre come per un tumore (che secondo me è peggio) e legato ad una serie di fatalità… Troppe incognite e troppe poche notizie certe : quanto vive su di un tessuto? Su di una superficie? Quindi certamente attenzione ma tanta buona fortuna a tutti e rispetto per il prossimo

SISTEMA IMMUNITARIO POTENTE E VACCINO. ..QUESTE SONO LE PAROLE D’ ORDINE ..tutto il resto è solo chiacchiera

MI trovo d’accordo nel condannare le movide spensierate, una enormità di giovani e giovanissimi sono del tutto incoscienti, mettendo tutto in pericolo, mi stupisce grandemente anche la quasi totale assenza di multe e presenze dissuasive per impedirle,

Ci hanno riempiti di Fake e, a questo punto, comincio a sospettare anche in mala fede.
Inutile prendersela con i ragazzi, che comunque se dovessero contagiarsi, si farebbero un raffreddore o al massimo una influenza; sarebbe più utile capire quale è stata la reale diffusione del virus. Un gruppo di conoscenti, che si sono sottoposti all’esame sierologico, sono risultati al 60% positivi, senza ricordare nulla di più che un raffreddore o influenza. Se questa dovesse essere la percentuale dei positivi, ci sarebbe, di fatto, una protezione di gregge e abbiamo mandato in malora la nostra nazione solo per mantenere un governo d’incompetenti. Faccio presente che in Brasile, ove il bistrattatissimo Bolsonaro ha deciso semplicemente di non fare nulla, la mortalità, in percentuale, è inferiore a quella italiana.
Anche fra i clandestini, che in Italia hanno continuato a radunarsi senza protezioni e nell’indifferenza delle forze dell’ordine, non è stata riscontrata nessuna strage.
Questo, però, ha permesso di bastonare gli Italiani, con salatissime multe, in situazioni surreali (quello rincorso con l’elicottero mentre correva solo sulla battigia o il pescatore in mezzo al mare). Ricordo, anche le ammucchiate attorno a Conte, per l’inaugurazione del ponte di Genova o per il rientro della giuliva Aisha dall’Africa, che, stranamente, non ha irritato nessuno.
Invece di preoccuparsi per chi non corre rischi, lo Stato dovrebbe cominciare a fare esami sierologici di massa, per capire quale sia il rischio reale, anziché legare le mani ai Medici per le cure (furono impedite le autopsie, così, per un mese i morti furono creduti per polmonite mentre invece era trombosi diffusa; in un paio di ospedali si cominciò a provare la plasmaferesi, cioè usare gli anticorpi dei guariti per aiutare i malati, ma questo lavoro, che dava buoni risultati, fu mantenuto nascosto e ostacolato, mandando persino i N.A.S. dei carabinieri, quasi fossero spacciatori).
Mi fermo qui!
Lasciate in pace quei ragazzi, che sono solo da invidiare perché hanno un’età ricca di speranza!

Sono interessanti le precisazioni fornite, però il “distanziamento sociale” – o meglio la distanza fisica o di sicurezza tra persone – così inidispensabile non è garantito dal comportamento del singolo perchè non può impedire che gli altri gli si avvicinino; lo si vide in una ripresa televisiva di una fila molto ordinata di persone davanti a un supermercato a dimostrazione della correttezza dei clienti in attesa, tutti a tre metri di distanza e con le mascherine, però io vidi sbucare una persona che attraversò la fila senza mascherina sfiorando uno dei clienti distanziati dagli altri ma non dal terzo incomodo che aveva fatto irruzione. Perciò dovrebbe esserci l’obbligo della mascherina anche all’aperto perchè nel caso indicato si sarebbe protetti in quanto, anche qui, la propria mascherina non protegge chi la indossa. Con la “riapertura” che ha lasciato come unica misura di “sicurezza” la distanza di un metro – anzi nei ristoranti “tra le sedute”, cioè le sedie, e neppure tra i tavoli, riducibile ancora con il plexiglas – dovrebbe essere posto almeno questo obbligo anche all’esterno e non solo per ambienti chiusi – consumo dei pasti al tavolo a parte – nei quali c’è ma neppure per tutti.. Non è un dettaglio, viste le “movide” giovanili in tutt’Italia alla “riapertura”, potrebbe essere un qualche ostacolo al virus dato che, come viene proclamato, “continua a circolare”. E non si è meno esposti nelle zone a bassa epidemia perchè lì, dicono, non incontra gli ostacoli dei “positivi”, quindi basta un caso per moltiplicarsi. lo svuotamento delle “terapie intensive”, in grado di accogliere i nuovi malati come prima non avveniva, se è un rassicurazione per i virologi e simili , non lo è per i singoli, che toccano ferro alle loro parole. Le mie preoccupazioni possono sembrare eccessive, ma sono uuno di “quelli del ’40” che lo scrittore Antonio Scurati ha definito nel suo articolo “in memoria”, come “falciati dal virus””, elogiandone la memoria storica che se ne va., portando via testimoni preziosi. Non vorrei andarmene, non per ta memoria storica che posso rivestire, e di cui non mi importa nulla, ma per la mia vita, che non ha un valore inferiore a quella dei più giovani. E’ infantile pensare il contrario, anche se lo abbiamo sentito ogni sera nella contabilità dei decessi ridimensionata per almeno un mese di conferenze stampa precisando che “erano tutto ottantenni” o giù di lì. Anche per questo i giovani si lanciano in “movide” spensierate e l’appello alla “responsabilità” lascia il tempo che trova. Io mi appello all’istinto di conservazione e per questo non mi avvalgo della “riapertura”, resto isolato a casa. Aspetterò, come tanti “del ’40”, che l’attenuazione del virus o la scomparsa come la Sars 2, il “generale agosto” o il farmaco risolutivo, il vaccino salvifico o lo “Stellone d’Italia” che li riassume, facciano cessare l’incubo.

Ma anche la Sindrome di Honda può essere collegata al Cibus-19 ? E quella di Suzuki .. ?? Adesso devo stare attento ad andare in moto ? Ditemi .. grazie mille !non Cibus , ma Covis 19 .. scusate !!

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