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Renegades, il libro di Obama e Springsteen

E’ uscito “Renegades”, il libro di Bruce Springsteen e Barack Obama ispirato dalla serie podcast che l’ex presidente degli Stati Uniti e il cantautore hanno lanciato mesi fa.

E’ uscito “Renegades”, il libro di Bruce Springsteen e Barack Obama ispirato dalla serie podcast che l’ex presidente degli Stati Uniti e il cantautore hanno lanciato mesi fa.

Da martedì 26 ottobre è disponibile anche in Italia “Renegades. Born in the USA-Miti-Musica”, il libro di Bruce Springsteen e Barack Obama tratto dall’omonima serie podcast che il cantante e l’ex presidente degli Stati Uniti hanno pubblicato qualche mese fa.

Renegades, è uscito il libro di Obama e Springsteen

“Renegades” è una conversazione intima tra due amici, con racconti esclusivi e riflessioni sulla vita, la musica, l’amore per gli Stati Uniti d’America.

“Barack Obama e Bruce Springsteen discutono di paternità e matrimonio, di razza e virilità; del fascino di avere una strada davanti ancora da esplorare ma anche del desiderio di far ritorno a casa; degli eroi del presente e del passato a cui si ispirano; e di musica, tanta musica. Nel corso del viaggio, svelano la passione nel ripercorrere la storia più grande e più vera dell’America attraverso le loro vite, e immaginano come quel paese e tutto il mondo, oggi così divisi, possono ritrovare al più presto la strada verso una nuova unione”, recita la sinossi.

Il libro contiene anche oltre 350 foto, contenuti esclusivi e materiali d’archivio inediti, legati alle puntate del podcast che Obama e Springsteen hanno cominciato a registrare nell’estate del 2020, dopo i mesi del lockdown, mentre negli Stati Uniti crescevano le proteste per l’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto.

Storia di lotte e di amicizia

Il Guardian si è aggiudicato un estratto del volume in anteprima, mentre in Italia l’esclusiva è stata concessa a Robinson, l’inserto culturale de La Repubblica. Garzanti è la casa editrice che ha pubblicato il libro in italiano. Come si legge nell’estratto, tra le altre cose, Springsteen e Obama raccontano ciò che li lega: “Siamo entrambi uomini timbrati ‘Born in the USA’. Siamo guidati dalla storia delle rispettive famiglie, dalle nostre amicizie, dalla bussola morale che riguarda la storia della nostra nazione: andiamo avanti, rimanendo noi stessi con un occhio compassionevole per le lotte della nostra – ancora giovane – nazione”.

“Negli anni, abbiamo scoperto di condividere una comune sensibilità a proposito del lavoro, della famiglia, dell’America. A modo nostro, Bruce e io abbiamo percorso un viaggio parallelo per comprendere questo paese che tanto ha donato a entrambi, per raccontare la storia del suo popolo; e per cercare un legame tra il nostro bisogno di senso, di verità, di comunità, con la più profonda storia dell’America”, afferma nelle prime pagine del libro l’ex presidente degli Stati Uniti Obama.

 “Abbiamo parlato seriamente del destino del paese della sorte dei suoi cittadini e delle forze distruttive, corrotte e negative che vorrebbero distruggere ogni cosa. Di questi tempi, mentre viene seriamente messo in discussione chi siamo davvero, non possiamo abbassare la guardia”, scrive Springsteen nella sua introduzione.

Barack Obama e Bruce Springsteen sono molto amici. Il “Boss” fu tra i primi esponenti della musica pop-rock statunitense ad appoggiare Barack Obama nella campagna elettorale del 2008 che lo portò alla vittoria. Oltre a prendere parte ad alcuni incontri pubblici, il cantautore suonò anche al concerto tenuto dopo l’insediamento di Obama, durante il quale si esibì insieme a Pete Seeger in “This land is your land”.

Come è noto, la vittoria di Obama ispirò poi parte dell’album “Working on a dream” del 2009 del cantautore e chitarrista statunitense, in cui il sogno era rappresentato proprio dalla figura del neo eletto presidente. Successivamente Obama consegnò al rocker il Kennedy Center Honors, un premio attribuito dal governo statunitense agli artisti che si impegnano a diffondere la cultura americana. “I’m the president, but he’s the Boss” (“Io sono il presidente, ma lui è il Boss”), scherzò Obama nel corso della cerimonia che si svolse il 6 dicembre 2009.

Intervista a Otto e mezzo

In occasione dell’uscita del libro anche in Italia, Barack Obama e Bruce Springsteen hanno concesso un’intervista a ‘Otto e mezzo’, programma condotto da Lilli Gruber su La7, durante la quale hanno spiegato che il loro obiettivo è quello di dare voce agli outsider, agli esclusi, allargare la comunità e diffondere valori positivi.

“Veniamo entrambi da famiglie di operai, famiglie che non avevano mai avuto grandi aspettative”, ha detto Obama. “Il mio essere outsider è più evidente, Bruce è forse meno outsider di me. Ci siamo fatti tante domande nella nostra vita: farsi tante domande, non sentirsi a proprio agio per lo status quo, questo mi definisce. Non riuscivo a stare dentro una tribù, avevo bisogno di una comunità. Ci sono tanti momenti in cui un politico cerca di darsi uno status di outsider populista, a volte con un atteggiamento sincero a volte posticcio, costruito ad arte. La cosa più importante per me non è essere outsider, ma voler far partecipare più persone. Ti interessano le voci di chi escluso? Vuoi farle contare? Mi interessa più questo che l’etichetta”, ha proseguito.

“Non mi definivo necessariamente un outsider. Mio padre era senza lavoro, ero preoccupato. Un uomo che non aveva mai trovato una collocazione precisa, è stato straziante far parte di quella realtà, condividere il dolore di restare inascoltati”, ha replicato Springsteen. “Quando ho iniziato a scrivere l’ho fatto per le voci inascoltate, la mia è la storia di un outsider che cerca di dare voce a chi non è stato mai ascoltato: ho reso quelle storie il lavoro della mia vita ed è ancora così”, ha aggiunto l’artista.

“Capisco gli artisti che lasciano la politica al di fuori del loro lavoro, non penso sia necessario esser artista-attivista – ha detto poi il cantautore – io non mi reputo un artista- attivista, la musica rock è musica della libertà. La cosa più importante che ho fatto è cercare raccontare storie che diventassero parte di una narrativa. Le persone che vengono ai miei concerti hanno punti di vista diversi, io cerco di mostrare loro che hanno valori comuni. La speranza è che questo legame resista quando tornano alle loro vite e che agiscano come cittadini in una nazione”.

Nel corso dell’intervista, Barack Obama si è poi espresso anche sui rischi per la democrazia negli Stati Uniti. “La democrazia è un giardino che va curato e se non lo curi va in rovina. Quello che abbiamo visto il 6 gennaio con l’assalto a Capitol Hill è stato un sintomo. Una delle tendenze più importanti e inquietanti è l’erosione dei fatti come base di una storia comune. Non voglio essere troppo romantico sul passato, ma c’era tra i partiti politici una base comune, per esempio sul cambiamento climatico o sulla vaccinazione. Ora esiste una capacità di costruire ad arte i fatti e questo è il fattore più corrosivo della democrazia: parte considerevole del paese non crede neanche ai conteggi delle schede elettorali, neanche quando sono certificati dal loro partito”, ha detto l’ex presidente Usa.

“Del periodo della presidenza non mi mancano i lustrini, mi manca avere una squadra di persone solidale, realmente impegnata a risolvere problemi”, ha dichiarato ancora Obama. “I momenti più felici della mia vita sono con le mie figlie. Quando sono seduto con loro e Michelle le ascolto mentre parlano e sono solari, intelligenti, acute, mi prendono in giro. Sul letto di morte non ricorderò i discorsi che ho fatto, ma l’aver tenuto le mie figlie per mano, lo starcene seduti insieme: queste sono le cose per cui dirò che è valsa la pena vivere”, ha concluso.

fonte immagine: https://www.facebook.com/garzantilibri/photos/a.10154627728677322/10158423709832322/

fonte immagine: https://www.facebook.com/barackobama/photos/a.428653951748/10158230882391749

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