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Vitamina D, quanto bisogna stare al sole per fare il pieno?

La vitamina D è essenziale per la nostra salute. Vien assimilata principalmente tramite esposizione al sole. Ma quanto tempo bisogna esporsi per fare il pieno?

La vitamina D, anche detta “vitamina del sole”, è molto importante per il benessere del nostro organismo. A differenza di altre vitamine, non necessita di essere introdotta con la dieta perché viene principalmente sintetizzata tramite l’esposizione al sole e, in condizioni normali, per raggiungere una concentrazione adeguata non è necessario integrarla in alcun modo. Anche se in autunno e in inverno si sta meno all’aria aperta e quindi per assicurare al nostro corpo una regolare sintesi di vitamina D, e raggiungere il fabbisogno giornaliero, bisogna affidarsi a specifici alimenti. Ma quanto tempo è necessario stare al sole per fare il pieno di Vitamina D? Scopriamolo insieme.

Vitamina D, che cos’è e perché è importante?

La vitamina D è una molecola liposolubile (ovvero si scioglie nei grassi), presente nel fegato, fondamentale per la crescita, il sistema immunitario e il tessuto osseo. Essa ha il compito principale di proteggere i muscoli e il cuore e garantire il corretto funzionamento del metabolismo delle ossa, aiutare il nostro corpo ad assorbire calcio, ferro, magnesio, fosfati, zinco e altri minerali importanti per la costruzione dello scheletro e per il benessere dei denti. La vitamina D contribuisce anche a mantenere in salute il sistema cardiovascolare e a ridurre la crescita delle cellule tumorali. Inoltre, aiuta a controllare le infezioni e ridurre le infiammazioni, ed è importante per il funzionamento della tiroide.

Come assumerla

Come detto, la vitamina D viene sintetizzata dall’organismo attraverso una regolare esposizione alla luce solare, non a caso è comunemente detta “vitamina del sole”. Tuttavia, il 10-20 per cento del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. Soprattutto nelle stagioni in cui si sta meno all’aria aperta, quindi autunno e inverno, per assicurare al nostro corpo una regolare sintesi di vitamina D, e raggiungere il fabbisogno giornaliero, è necessario affidarsi a specifici alimenti.

La vitamina D si trova soprattutto in alimenti come i pesci più grassi (come il salmone, lo sgombro e l’aringa), il tuorlo d’uovo e il fegato, oltre ai cibi arricchiti a livello industriale. In minima parte viene ricavata anche da alcune verdure a foglia verde come bietole, spinaci, erbette.

Tutto il resto si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB. Dopo essere stata prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue, dove una proteina specifica la trasporta fino al fegato e ai reni, dove viene attivata.

Carenza di vitamina D

La carenza di vitamina D non si manifesta attraverso sintomi, se non quando il deficit è molto grave. In questo caso, si presenta attraverso dolori alle ossa e alle articolazioni, dolori muscolari, debolezza, fragilità ossea. Può manifestarsi anche con sintomi neurologici, come per esempio contrazioni muscolari involontarie, stati confusionali, difficoltà a pensare in modo chiaro, stanchezza ricorrente, ansia e disturbi del sonno. Tra le conseguenze negative di una mancanza di vitamina D vi sono rachitismo, osteoporosi e parodontite. Pare che il deficit di vitamina D sia legato anche a patologie tra cui diabete, ipertensione, fibromialgia.

La carenza di vitamina D è stata associata anche a malattie gravi quali il cancro, l’Alzheimer e la sclerosi multipla; più di recente anche alle forme gravi di infezione da Covid 19. Tuttavia, questi nessi di causa ed effetto di queste associazioni sono ancora da dimostrare. L’ipotesi è che bassi livelli di questa vitamina possano essere dannosi per la salute, mentre una sua integrazione possa avere un effetto protettivo e terapeutico contro diverse patologie.

Quando si manifestano particolari sintomi o forti carenze, la vitamina D deve essere somministrata, sotto controllo medico, perché gli eccessi possono essere tossici.

Si deve ricorrere a integratori alimentari solo qualora accertamenti clinici evidenzino una carenza di vitamina D. Da evitare l’integrazione fai-da-te perché nel peggiore dei casi può comportare danni seri. Troppa vitamina D può determinare disturbi gastrointestinali, vomito e diarrea, dolori muscolari, ma anche la perdita di calcio con conseguente indebolimento delle ossa o calcificazione dei tessuti molli.

Quanto tempo occorre esporsi al sole per fare il pieno di vitamina D?

L’esposizione al sole è il metodo migliore per evitare un’eventuale carenza di questa vitamina. Il nostro organismo è in grado di produrre vitamina D per via endogena quando i raggi ultravioletti (UV) della luce solare colpiscono la pelle e innescano la sintesi di questa sostanza. Ma quanto tempo bisogna esporsi al sole per fare il pieno di vitamina D?  Secondo la Fondazione Veronesi basterebbero 40 minuti al giorno per fare una scorta di vitamina D per tutto l’inverno.

Secondo uno studio dell’Università Politecnica di Valencia, durante l’inverno ci vogliono più di 2 ore di esposizione solare per ottenere la dose giornaliera raccomandata di vitamina D, mentre per il resto dell’anno varia tra 10 minuti in primavera ed estate e 30 minuti in autunno.

Ricordatevi però di utilizzare sempre le creme solari, soprattutto nelle ore più calde della giornata, per proteggere dai rischi del cancro della pelle, evitare arrossamenti ed eritemi e prevenire il foto invecchiamento della pelle.

[fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/giovane-donna-prato-menzogna-relax-2194044/]

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