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Digiuno intermittente: è la dieta che funziona meglio?

Il digiuno intermittente funziona meglio rispetto a una classica dieta basata sulla riduzione delle calorie assunte? Risponde un recente studio.

Dimagrire e mantenersi in forma è il desiderio di tutti, ma richiede fatica e sacrificio. Seguire una dieta, oltre a svolgere attività fisica, per qualcuno è impresa ardua. Tra le diete più popolari del momento, seguita anche da personaggi noti, vi è il digiuno intermittente, ma è davvero efficace? Uno studio ha confrontato questo regime alimentare con una classica dieta basata sulla riduzione delle calorie assunte e ha dimostrato che è altrettanto efficace

Fa perdere più peso il digiuno intermittente o la classica dieta?

Per perdere peso più facilmente è meglio limitare il numero di ore in cui è possibile mangiare, o ridurre la quantità di cibo ingerita? A questo interrogativo ha cercato di rispondere uno studio scientifico, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine.

Il team di ricercatori, coordinato da Krista Varady, professoressa di nutrizione dell’Università dell’Illinois a Chicago, ha messo a confronto i risultati di due piani alimentari ben distinti, il sempre più gettonato digiuno intermittente e una classica dieta basata sulla restrizione calorica, giungendo alla conclusione che in entrambi i casi è possibile raggiungere il risultato, a patto di essere motivati a seguire il percorso iniziato, meglio ancora se assistiti da professionisti. In sostanza, la dieta migliore è quella che riusciamo a seguire.

Il confronto

Krista Varady, professoressa di nutrizione dell’Università dell’Illinois a Chicago, ha confrontato per un anno un tipo di digiuno intermittente che prevede ogni giorno un’astensione dal cibo di 16 ore e un periodo di alimentazione regolare nelle restanti 8 (time-restricted feeding, alimentazione ristretta in un arco temporale) con una dieta basata solamente sul conteggio delle calorie assunte.

Dai risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine, è emerso che il digiuno intermittente funziona semplicemente perché fa mangiare di meno, quindi per lo stesso identico motivo degli altri tipi di diete.

Gli scienziati hanno reclutato 90 adulti affetti da obesità dai 18 ai 65 anni di età, e li hanno divisi in modo casuale in tre gruppi: un gruppo destinato al digiuno intermittente, a cui per sei mesi è stato consentito di consumare pasti e snack esclusivamente in una fascia di otto ore, dalle 12.00 alle 20:00; un gruppo che ha seguito un piano alimentare di restrizione calorica, con un apporto di calorie inferiore del 25% rispetto a quello che sarebbe stato necessario per mantenere il peso attuale; e un terzo gruppo che ha continuato a mangiare allo stesso modo di prima. Ai partecipanti è stato poi chiesto di compilare un diario alimentare giornaliero per tre mesi.

Dall’analisi dei risultati è emerso che nei primi sei mesi di esperimento, tutti i partecipanti assegnati a una delle due diete hanno perso circa il 5% del loro peso iniziale. Nei sei mesi successivi, ovvero durante la fase di mantenimento, il gruppo reduce dal digiuno intermittente ha potuto estendere a 10 ore la finestra oraria per mangiare, mentre quello uscente dalla restrizione calorica ha potuto consumare la totalità delle calorie ritenute da un dietologo adatte al fabbisogno giornaliero di ciascuno.

Al termine dello studio, ossia dopo un anno, i volontari uscenti da ciascuno dei due piani alimentari consumavano ormai 400 calorie al giorno in meno rispetto al gruppo di controllo, e avevano perso in media cinque kg in più.

Perché molte persone si trovano meglio con il digiuno intermittente?

Lo studio dell’Università di Chicago ha confermato i risultati di studi precedenti sul digiuno intermittente, ma per la prima volta l’esperimento è stato condotto su un gruppo di partecipanti più vario, ossia di diversa etnia. Il 79% delle persone coinvolte, infatti, era di origine afroamericana o ispanica. Secondo la professoressa Varady, il motivo per cui molte persone si trovano meglio con il digiuno intermittente, è che “è una buona alternativa per non dover monitorare attentamente ogni cosa che si mangia: semplicemente si guarda l’orologio e si lascia che il tempo faccia la stessa cosa al posto nostro”.

In effetti, a prescindere dai diversi approcci, la quantità di calorie assunte è stata simile in entrambi i piani alimentari. Tutte e due le diete hanno ridotto la circonferenza addominale e la massa grassa in modo simile. Il digiuno intermittente non è risultato migliore neanche in termini di salute; rispetto all’altro regime alimentare, ad esempio, non ha ridotto maggiormente i livelli di glucosio nel sangue o di colesterolo.

Il motivo potrebbe essere legato alla finestra oraria scelta (12.00-20:00), la più accettabile per i partecipanti. Pare che anticipando di qualche ora la fase della giornata in cui è possibile mangiare (per esempio dalle 8:00 alle 16:00) si possano raggiungere traguardi più evidenti in termini di regolazione degli zuccheri nel sangue. Spostare la fascia oraria avrebbe però voluto dire non poter cenare con il resto della famiglia.

L’ importanza del supporto psicologico e nutrizionale

Anche il supporto psicologico e nutrizionale garantito ai partecipanti per l’intero anno di studio ha contribuito al successo di entrambe le diete, e dunque a raggiungere benefici e a mantenerli nel tempo. I volontari hanno infatti ricevuto consigli alimentari e terapia cognitivo-comportamentale utili a ridurre il desiderio di mangiare in modo impulsivo.

fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/dieta-nonio-sandwich-contacalorie-695723/

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